Ormai sappiamo tutti che la disciplina del padel è nata per sbaglio da un ricchissimo messicano, Enrique Corcuera, che a fine anni ‘60 vuole costruirsi un campo da tennis nella sua villa di Acapulco. A metà dell’opera si accorge di non avere abbastanza spazio per un campo regolamentare, così si inventa una nuova regola: considerare i muri parte integrante del campo, la componente fondamentale del padel che lo avvicina allo squash. Dopo un tocco a terra, il rimpallo sulle pareti fa così parte dello sviluppo del gioco: si può tirare dall’altra parte o colpire forte sulla parete stessa per far sì che la pallina, uguale a quella del tennis ma con meno pressione, torni dall’altra parte. Il punteggio è lo stesso del tennis, mentre il servizio si esegue dal basso, sotto il bacino.
Dal Messico, grazie agli amici miliardari di Corcuera, il padel si diffonde in Argentina e poi in Spagna, i due Paesi che si sono divisi finora tutti i titoli mondiali. Nella patria di Diego Armando Maradona, a sua volta grande appassionato, è lo sport più praticato, il secondo dopo il calcio a Madrid e dintorni. Anche grazie a una piccola innovazione: costruire le pareti non in mattoni, ma sostituirle con pannelli di vetro per permettere agli spettatori di godersi i colpi spettacolari degli atleti in campo.